sabato 22 marzo 2014

Broken, nessuno vi salverà.

Questo film indipendente prodotto a basso costo nel 2006 e diretto da Adam Mason e Simon Boyes merita una finestra nel blog, nonostante non spicchi di originalità e assuma spesso una forma narrativa poco chiara.
L'inizio promette abbastanza bene, la scena splatter di forte impatto (forse anche troppo) di una donna legata per la gola ad un albero nel bel mezzo di una fitta foresta, che si apre una fresca cicatrice nell'addome per estrarne un taglierino con il quale dovrà liberarsi, ricorda immediatamente le situazioni al limite del possibile di Saw
Accettando che il film possa essere un ennesimo rifacimento all'Enigmista, si resta poi sorpresi nel
seguirne lo svolgimento, che si distacca completamente dal gioco mortale per aver salva la vita. 
Naturalmente la vittima della prima scena non sopravvive. Arriva dunque la protagonista del film, finalmente non la solita giovanissima e tettona, ma una madre, una donna normalissima che si può incontrare tutti i giorni al supermercato. 
Dopo essere stata un giorno rinchiusa in una cassa di legno e superata brillantemente, e senza auto sbudellarsi, la prova dell'albero e del taglierino, arriva un uomo vestito da cacciatore che chiede se vuole continuare. Naturalmente per salvare la figlia, per sapere se la piccola sia viva o meno, lei accetta. 
Il cacciatore le cura la ferita con metodi naturali e al suo risveglio la donna si ritrova sempre nel fitto della foresta incatenata per un piede. Ci aspettiamo dunque altre prove di sopravvivenza, e invece il terrore si reale. Lei è semplicemente prigioniera, senza via di fuga, schiava di un folle nel bel mezzo del nulla. 
trasforma in qualcosa di più
La cronaca è purtroppo ricca di fatti che raccontano anni di segregazione, schiavitù e maltrattamenti da parte di sconosciuti, di padri, di parenti. La parte migliore del film è proprio questa centrale. I vani tentativi della donna di scappare, i maltrattamenti, l'angoscia di sapere di essere prigionieri e non avere notizie della propria figlia. La svolta si ha quando il cacciatore porta nel suo piccolo accampamento una nuova preda, una donna più giovane dell'altra che con un po' di fortuna riesce a tramortire il loro carceriere, a rubargli la chiave delle catene e a scappare. 
Ed è qui che si rovina tutto. 
L'uomo la insegue, le spara e torna indietro. La prima vittima intanto era riuscita anche lei a liberarsi delle catene grazie alla chiave. Indebolita, con una gamba rotta e senza armi se non un bastone di ferro trovato nell'accampamento, è decisamente destinata a perdere lo scontro. E invece il cacciatore torna, farfuglia qualcosa e si arrende, lasciandosi spaccare la testa a bastonate. Il film poteva tranquillamente concludersi così, lasciando certo lo spettatore deluso perchè non sono chiare le motivazioni che hanno spinto l'uomo alla segregazione e meno che mai alla resa, ma ormai siamo abituati a trame inconcludenti e personaggi che dispersi nel deserto, nel bosco o chi sa dove non si sa come e se si salveranno. 
Tuttavia il film continua. La donna mezza zoppa cammina nel bosco fino a raggiungere una casupola diroccata e tutta sbarrata. Guarda dentro e sorpresa, ci trova la figlia in pessime condizioni, ma ancora viva. Va per sfondare la porta sbarrata, che aziona uno strano meccanismo. Ci si aspetta che qualcosa la uccida, e invece resta solo accecata. 
Fine! 
Non si capisce perchè tutto ciò avvenga, nè il perchè dell'accecamento, nè come la bimba sia sopravvissuta, nè come faranno ora a tornare a casa. 

domenica 2 marzo 2014

Breathing Room, un gioco (truccato) con un solo vincitore

Dopo il successo eccezionale di "Saw" diversi film tentano di rifarsi al tema "gioco mortale". 

Ingredienti essenziali sono un gruppo di persone rinchiuse senza motivo e senza ricordi in un qualche luogo, diversità di caratteri, livello sociale e professioni ben miscelati tra di loro, un burattinaio che tiene i fili del gioco e la deprivazione sensoriale che riduce i "giocatori" in condizioni estreme. 

Breathing Room, film del 2008 di Gabriel Cowan, segue queste linee guida tentando di dare un tocco
personale distaccandosi nello svelare il finale dal concetto di gioco. 
Tutto inizia con l'arrivo in un'enorme stanza del quattordicesimo giocatore, una ragazza. Altre persone sono già lì da un tempo indefinito ed indossano divise di due colori diversi. Questo inizio fa pensare ad una sorta di futuro duello tra la squadra blu e quella arancione, quindi collaborazione tra i membri dello stesso gruppo e scelte difficili. 
Tutto attorno nella stanza sono scritte delle regole, chi non le rispetta o chi prova ad uscire dalla porta viene fulminato a distanza tramite un collare che tutti i giocatori hanno bloccato attorno al collo. Tre persone sono già morte perchè non hanno rispettato le regole, le altre sono giustamente terrorizzate. 
Ogni membro riceve con la divisa un piccolo indizio e un qualche tipo di oggetto (mezza chiave, un proiettile, un martello...), ma una delle regole è non parlare con gli altri di cosa si ha ricevuto. 

Caduta l'idea delle due squadre diventa un tutti contro tutti. 
Film del genere ne abbiamo visti, gente che deve ammazzarsi a vicenda per sopravvivere o per vincere una grossa borsa di denaro; ma non è nemmeno questo. 
Periodicamente si spengono le luci e qualcuno muore. Non si capisce se è uno di loro l'assassino, o se è qualcuno che viene dall'esterno, fino a che uno degli indizi che trovano ogni volta dopo la morte di un giocatore rivela che nel gruppo ci sono un assassino, un pedofilo ed uno stupratore. Di tanto in tanto in uno schermo compare il mezzo busto di un uomo, che dà loro altre informazioni, per esempio chi è il pedofilo (udite udite una donna). 

Gli indizi, gli oggetti, sembrano servire a qualcosa, ma in realtà non portano da nessuna parte. Anche l'unica chiave che apre uno dei collari si rileva inutile, il giocatore viene liberato e quindi ha il permesso di infrangere le regole, attraversa la porta ma si trova di fronte ad un muro. Stile MacGyver riescono anche a far esplodere il muro, il giocatore libero capisce cosa sta succedendo, ma viene immediatamente dopo ucciso dal misterioso killer tra di loro. Una volta rimasti in tre e spentasi la luce per l'ennesima volta, due di loro si uccidono a vicenda e resta in vita la giocatrice numero 14, l'ultima arrivata, che tranquillamente si alza ricoperta di sangue, si toglie il collare e sorride entrando in una stanza piena di computer e video monitor. 
La soluzione? Ci sono persone talmente ricche e pazze al mondo che hanno tempo, risorse e denaro per mettersi a studiare il comportamento di persone ridotte a lottare per la propria vita
Perchè non seguire dunque questo filone? In "Hostel" ha funzionato benissimo l'idea di persone ricche che compravano e torturavano uomini. Oppure in "The Cube" il mistero irrisolto ma totalmente neutrale e pieno di suspance. Il miscuglio tra gioco e ricerca "scientifica", tra possibilità di salvarsi e percorso obbligato non ha funzionato. Lo spettatore resta confuso, pieno di domande e per niente incollato allo schermo, per poi trovarsi deluso nel finale. 
I protagonisti del gioco non hanno mai avuto veramente scelta, se non quella di rispettare le regole per non morire prima del tempo. L'unico modo per venirne fuori sarebbe stato quello di uccidere, per sbaglio, la ragazza. Tuttavia cosa sarebbe accaduto dopo? Li avrebbero lasciati liberi? Naturalmente no, perchè questo è un gioco truccato, dove il vincitore è già designato. Ed è questa una delle grosse differenze tra il capolavoro di "Saw" e tutte le sue altre brutte copie. 

giovedì 27 febbraio 2014

Dalla realtà al cinema: Bundy - A lagacy of evil

I migliori film horror sono quelli ispirati alla realtà, a fatti realmente accaduti, a personaggi esistiti, a famosi serial killer.
Purtroppo non sempre l'esposizione cinematografica rende giustizia, raccontando i fatti o personaggi in modo sia da spaventare lo spettatore, sia da dargli preziose e realistiche informazioni.
Bundy - A lagacy of evil, film del 2008, vuole ripercorrere la vita di uno dei più noti e prolifici serial killer americani degli anni '70, Theodore Robert Bundy. Accusato di circa 30-36 omicidi, anche se lui se ne attribuì "solo" 26, fu condannato alla sedia elettrica dopo essere scampato al carcere ben due volte e giustiziato il 24 gennaio 1989. 
Il serial killer di giovani donne, per lo più studentesse, ha ispirato diversi film ed è citato spesso, seriamente o per gioco, in telefilm, cartoni animati, programmi televisivi, canzoni e testi letterari. 
A differenza di molti altri psicopatici, più o meno noti, l'infanzia di Ted non sembra essere così traumatica da scatenare in lui una furia omicida così violenta, come quella che lo porterà al massacro brutale di più di 30 donne. Purtroppo il film, nonostante si riproponga di ripercorrere la vita di Ted dall'infanzia alla sedia elettrica, lascia molte lacune, saltando fasi importanti della sua formazione e della sua personalità, soffermandosi per lo più su particolari poco interessanti sia a livello cinematografico che psicologico. 
Frammentario, inizialmente molto confuso e poco coerente. La pellicola non rende giustizia ad una figura tanto famosa e misteriosa come Bundy, nè scatena nello spettatore suspance, angoscia, terrore. 
Il punto cruciale che sembra scatenare in lui l'inizio degli omicidi è la separazione dalla fidanzata, un evento traumatico che di per sè sembra essere troppo poco significativo. Infatti l'ipotesi che egli uccidesse donne che gli ricordavano l'ex fidanzata non è unanimamente accettata da studiosi e psicologi. Questa separazione non viene chiarita nemmeno nel film, è leggermente romanzata, come giusto che sia per una pellicola rivolta ad un pubblico vasto, tuttavia risulta anche in questo poco chiara e frammentaria. 

Di Ted Bundy si sa che era un "bravo ragazzo", dall'aspetto innocente e molto furbo. Con diversi stratagemmi ha convinto donne giovani e meno giovani a seguirlo o a salire in auto, per poi stuprarle, picchiarle brutalmente ed ucciderle. Chi lo conosceva ha stentato a credere che proprio lui fosse un omicida, eppure chi ne aveva un rapporto più stretto alla fine lo ha condannato, confermando gli identikit di persone scampate alle aggressioni e additandolo infine come psicopatico

martedì 17 dicembre 2013

Scream, un film che si racconta nel film

"Qual'è il tuo film horror preferito?"
Con questa celebre frase vengono tormentati e poi massacrati gli adolescenti (e qualche adulto) delle serie di Scream
Tra citazioni di altri horror famosi (carinissimi e di forte impatto i 15 secondi in cui si vede la figura del bidello nella scuola vestito come Freddy Kruger) e un po' di satira sul tema, il primo film del 1996 dà i suoi frutti e il suo successo, sia nella trama che nella realizzazione. I sequel, tutti comunque girati da Wes Craven, lasciano invece un po' a desiderare, scadendo sempre di più nella comicità ed allontanandosi dal successo del primo.
Ma che cos'è Scream se guardato nel complesso? E' il racconto di un film horror, un po' critico, un po' satirico, poco credibile e per niente pauroso (ad eccezione del primo). I protagonisti vivono la loro vita secondo le regole di un film, e lo sanno. Analizzano i sospettati e attendono la classica ripresa finale del killer non realmente morto, sono sospettosi di tutti perchè il vero assassino può essere il tuo migliore amico o il tuo fidanzato, girano film nel film. Insomma, sembrano consapevoli di essere soggetti a regole cinematografiche, ma non ne fanno un buon uso. 
Scream è in assoluto il serial killer più facile da sottomettere ed ammazzare

lunedì 16 dicembre 2013

Shallow Ground - Misteri sepolti

Di misteri sepolti ce ne sono abbastanza in questo film, e tutti troveranno la luce solo nella conclusione, tenendo lo spettatore tanto incuriosito quanto confuso dall'inizio alla fine. 
Scheldon Wilson produce questa pellicola nel 2004 con un budget relativamente basso, anche se non si direbbe considerati alcuni effetti speciali particolarmente succulenti. Inondare un film di sangue è facile e scontato, si entra nello splatter di bassa categoria e si punta tutto sul disgusto dell'eccesso. Tuttavia saltati i primi minuti, in cui il sanguinamento la fa da padrone, si entra nell'atmosfera ovattata della suspance, del mistero e dell'attesa. Tutta la storia gira attorno ad un ragazzino sconosciuto, muto e ricoperto di sangue, che si presenta ad una stazione di polizia (in chiusura) di una piccolissima comunità tra i boschi dove pare che tutti stiamo partendo. 
Un anno prima la comunità era stata sconvolta dalla scomparsa e presunta morte della figlia di un grosso costruttore, che lo sceriffo del luogo non solo non era stato capace di salvare dopo averla trovata appesa ad un albero, tagliuzzata e dolorante, ma dopo averla lasciata per un momento da sola e persa per sempre non era mai riuscito a trovare nè il suo cadavere nè il suo assassino. 
La scomparsa dopo tortura della giovane donna però non è il solo caso irrisolto. 

domenica 1 dicembre 2013

The ring, quando parodia e film si fanno concorrenza

Un appassionato di horror ha quasi sicuramente visto anche le varie parodie dei film, dai celebri Scary Movie ai semplici video su You Tube che aggiungono semplicemente qualche effetto sonoro a spezzoni classici. 
Di norma la parodia la si guarda conoscendo già l'originale a cui si ispira; ma cosa succede se avviene il contrario?
Inizia The Ring: luci spente, tv gigante a schermo piatto, silenzio attorno... 
Le due adolescenti in camera da letto parlano di una videocassetta. "Quale videocassetta?" 

 Resisto 4 minuti, impressionata ogni volta e sempre di più dalla notevole verosimiglianza che danno le parodie, poi è la fine! Inizio a ridere. 
Non ce la faccio a non pensare, scena dopo scena, al notissimo Scary Movie 3. I personaggi, le atmosfere, persino i dialoghi sono troppo identici. 
D'accordo, è pur sempre un horror, inizierà a far paura prima o poi. Certo non mi aspetto che le due ragazze sedute sul letto inizino a prendersi a cuscinate, eppure continuo a non spaventarmi, a non trattenere il fiato aspettando il verificarsi di quel momento che ti fa sussultare. 
Sarà dovuto al fatto che ho visto prima la parodia e poi l'originale, o sarà dovuto semplicemente al fatto che the ring non fa paura e ben si presta alla comicità? 
Vi lascio semplicemente con questo interrogativo a (ri)guardarvi qualche spezzone classico. 

giovedì 7 novembre 2013

Le streghe di Salem, dal 1692 gli stessi "pregiudizi"

Guardare nel 2012 un film che parla di streghe, rifacendosi liberamente ad avvenimenti del passato, accende automaticamente nello spettatore fan degli horror delle aspettative. I temi classici, vampiri, streghe, mummie, lupi mannari, sono purtroppo da prendere con le pinze in quanto visti e rivisti in ogni salsa. Proprio per questo ci si aspetta da una pellicola contemporanea scritta e diretta da Rob Zombie qualcosa di originale e fuori dai soliti schemi. 
"Le streghe di Salem" è decisamente un film che esce fuori dagli schemi, originale per il modo in cui viene raccontato e girato, visionario e caotico. Questo tuttavia non significa necessariamente che fa presa sullo spettatore. 
(Bèh, su di me non ha fatto alcuna presa)
Ispirandosi ai reali processi del 1692 nel piccolo villaggio di Salem, e poi diffusisi nei paesi limitrofi, che vide 144 processi e  19 condanne a morte, il film trova un filo conduttore nei discendenti di quelle donne accusate di stregoneria, processate e torturate, e nei discendenti dei loro accusatori e torturatori.